una leggerissima antenna da montagna
Questo articolo è piuttosto datato perché è addirittura precedente alla nascita del Club, cioè al tempo di “Radioavventura”. Ecco perché ci troverete delle affermazioni piuttosto strane, perché riflettono il regolamento di quel momento. Ma il concetto resta valido, solo che lo si è perso di vista.
Oggi tutti utilizzano cinque watt perché è “facile” e offre maggiori possibilità di realizzare il QSO al primo colpo, anche se così si perde completamente di vista il principio stesso del Diploma: ottenere il massimo punteggio con la minima potenza impiegabile.
Ma la Classifica interessa veramente?
Dove è finita la competizione?
La realizzazione di questa antenna ha avuto inizio nel 2006, dopo le mie cinque attivazioni SOTA di quell’anno.
Come si sa, il SOTA è una attività radioamatoriale che coniuga la passione per la radio con quella delle escursioni in montagna.
La potenza massima impiegabile è contenuta in soli cinque watt, anche se per ottenere un migliore punteggio nella speciale classifica “Watt per Miglio” è preferibile operare con potenze inferiori, ultimamente anche cento volte minori.
La scelta della potenza da utilizzare per ogni attivazione di una cima SOTA è funzione anche dei propri gusti. Utilizzando, ad esempio, 50 milliwatt basta infatti un numero di collegamenti venti volte inferiore, a parità di QRB, di quello che deve essere effettuato operando con un watt, per ottenere lo stesso punteggio. Lo scotto che si deve pagare operando in QRPp è quello che vengono “spadellati” molti più collegamenti.
Mi si scusi il termine “spadellare”: intendo dire i tentativi di collegamenti non andati a buon fine, malgrado i ripetuti tentativi.
Operare con 50 milliwatt può essere quindi molto più frustrante per un OM, specie se appassionato di contest, proprio per la serie degli insuccessi a cui si va incontro.
Io, di solito, assumo una potenza base di 500 milliwatt, un compromesso fra un successo nei QSO e un buon incremento di punteggio nella classifica SOTA Watt per Miglio.
La mia attrezzatura SOTA è composta da tre fardelli separati, ognuno del peso di quattro chili: il primo che conteneva fino a poco fa il vetusto ICOM IC202, ora sostituito dal più moderno Yaesu FT817, con la potenza limitata a 0,5 W mediante un opportuno dosaggio della bassa frequenza, fornita compressa da una Sintesi Vocale esterna.
Oltre all’apparato, occorre una cuffia microfono, il microfono di scorta dell’apparato e tutta la cavetteria relativa.
Il secondo “collo” contiene la batteria al Piombo-Gel da 7Ah e la Sintesi Vocale con integrato il Compressore di Dinamica.
Il terzo collo, infine, è la “faretra” contenente l’antenna: fino ad ora una 9 Elementi Tonnà da montagna (quella con il boom in tre pezzi ed elementi ripiegabili su di essi), più il mast telescopico innestabile in alluminio da tre metri con alla base in meccanismo di bloccaggio anti-vento.
Il problema è che il tutto assommava, fino ad oggi, a dodici chili, più il vitto e ricambi di vestiario (in cima ci si deve per forza cambiare per il sudore della salita). Globalmente si va intorno ai 14 chili che, a settant’anni di età e con 45 minuti di dura salita, non sono assolutamente pochi.
Mi è si è presentata quindi la necessità di cercare di risparmiare peso in qualcosa: o batteria o antenna.
Considerato che una batteria che muore proprio mentre stai ottenendo i punti da un collegamento magari con un tedesco, collegato con mezzo watt, è fra le più brutte esperienze che uno possa fare, ho cercato di esplorare la possibilità di risparmiare peso sull’antenna, cercando però di non ridurne il guadagno, essenziale per il successo in operazioni QRPp.
Di questo ne parlai con il mio collega di Sezione ARI, Gaetano I0HJN, espertissimo ormai di antenne VHF e UHF.
A dire il vero lui si stava focalizzando su un sistema di antenne da utilizzare in configurazione multipla in vista dei nostri prossimi consueti contest primaverili, in portatile dalle montagne del Lazio.
Aveva sviluppato una Yagi da sette elementi con un boom intorno ai tre metri e quaranta.
Spinto dalla curiosità, Gaetano, da grande sperimentatore, si è divertito a sviluppare e costruire una sette elementi basata, anche questa, sulla tecnica, da lui in precedenza sperimentata, del “tutto-PVC”.
Ne è nata un’antenna che offre ben 11 dBd di guadagno e che è alimentata direttamente con cavo da 52 ohm, senza, ovvero, la necessità di alcun adattatore di impedenza. Un’antenna super leggera utilizzante tutto materiale da impianti elettrici, e che Gaetano si è premurato di portare ad un Symposium di Amelia e che, al banco di misura, ha rispettato i risultati previsti da Yagi Optimyzer.
“Un antenna un po’ troppo ballerina”, ha detto lui…. “Sai che faccio…te la regalo”. Un’antenna del peso di soli otto etti, ma che male si poteva
L’antenna è composta di tre pezzi di tubo PVC del tipo da impianti elettrici, lunghi 120 cm. Il primo ed il terzo del diametro di 20 mm., ed il centrale da 25 mm.
adattare alle sevizie che gli avrei dovuto far soffrire nelle mie spedizioni in montagna.
C’era necessità, innanzi tutto, di irrigidirla un po’.
Sicché l’ho dotata, innanzi tutto, di un doppio boom, del tipo di quello adottato dalla famosa 11 Fracarro, per intenderci, e man mano di tutta una serie di altre migliorie, aggiunte nel temp.
Anche il boom inferiore è da 25 mm. ed anch’esso tagliato in due tronconi da 120 cm. innestabili a cannocchiale, come del resto anche quelli del boom principale. E’ da notare che il tubo da 20mm. risulta un po’ lasco all’interno di quello da 25, per cui occorre interporre degli spessori ricavati anche essi dal tubo da 25 ed incollandoli con dell’adesivo. Tralascio il dettaglio perché è intuitivo come organizzarsi la cosa.
Importanti, invece, sono i giunti, ottenuti utilizzando degli innesti a scatto da 25 mm., sempre del tipo per impianti elettrici. Quelli che uniscono il boom principale a quello di irrigidimento sono realizzati incollando prima due innesti per la loro parte posteriore, e poi inserendovi un pezzo di barra filettata da 4 mm. che attraversando poi completamente i due boom ne eviterà qualsiasi disallineamento.
Lo stesso dicasi per il dipolo, aperto, che utilizza ancora un innesto a scatto e che ha anch’esso una vite da 4 mm che fuoriesce dal blocchetto di fissaggio ed entra nel boom, a mo’ di spina.
Il metodo di costruzione del dipolo è affidato al buon senso del realizzatore. Gaetano HJN che ha ribattuto il tondino di alluminio da 5 mm appiattendolo, lo ho ha poi forato e ha fissato a loro volta i due semidipoli con delle viti su plastica, irrigidendo poi tutto con delle legature, successivamente ricoperte di collante.
Io, a mia volta, ho aggiunto un ulteriore irrigidimento, anch’esso legato con del cordino di nylon e successivamente incollato.
Per evitare la flessione orizzontale dell’antenna, la foto mostra una serie di fori praticati sul primo e sul terzo troncone di mast, il cui diametro è stato portato a 25 mm., incollandovi sopra del tubo da 25.
La scelta di quale foro utilizzare serve per rendere l’antenna perfettamente diritta, che altrimenti tenderebbe a pendere, a causa del peso, verso il basso.
La crociera di fissaggio boom-mast si spiega da sé, osservando le foto. Anche per essa è stato applicato il concetto delle viti da 4 mm. sporgenti verso l’interno, in modo che queste possano rendere solidali i tubi in essa alloggiati. Il tutto funziona a scatto, il che rende estremamente semplice e rapido l’assemblaggio in montagna.
Gli elementi passivi sono realizzati in tondino di alluminio da 5 mm, passanti attraverso il boom. Per renderne il fissaggio, per così dire, “pastoso”, sono stati infilati all’interno dei tre semi-boom, in corrispondenza della posizione dei direttori e del riflettore dei pezzetti di tubo flessibile da giardinaggio di diametro adatto in modo che essi non possano poi scorrere.
Un foro da 5 mm. garantisce una perfetta tenuta dell’elemento nella giusta posizione.
Il serraggio dell’elemento al boom non è lasco, anzi!
Il foro praticato sul tubo da irrigazione risulta leggermente inferiore e, anzi, in inverno può risultare difficoltoso l’inserimento dell’elemento.
Dopo un po’ di vesciche procuratemi sulle mani ho appuntito ed arrotondato un estremo di ogni elemento ed ora le cose vanno bene.
Un’altra precisazione riguardo l’inserimento dei pezzi di tubo verde nella canna. Questi, lunghi circa 3 cm. vengono inseriti a forza all’interno solo dopo aver effettuato i fori nel punto voluto, e forandoli nuovamente dopo averne visto otturato il corrispondente foro dal tubo di irrigazione.
Pezzi di nastro adesivo colorato identificano gli elementi ed il loro senso di inserimento è riconoscibile dalla punta presente ad ogni estremità.
Parliamo ora del mast: esso è realizzato con un palo telescopico da svettatoio, composto anch’esso da tre elementi di un metro e venti, serrabili con la semplice rotazione delle canne.
Infine, il sistema di bloccaggio anti-vento, alla base di questo palo telescopico, l’ho realizzato questa volta non utilizzando le soluzioni da me adottate in precedenza, ovvero ingranaggi con denti che vi si inseriscono oppure dischi metallici con “zeppe” a molla che vi si innestano, bensì con un sistema a frizione.
E’ basato su una di quelle fascette stringi-tubo che si trovano nelle lavatrici o nelle lavastoviglie, realizzate con delle molle di acciaio molto spesse e tenaci che serrano i tubi di gomma con le parti in plastica.
Visto che ne avevo disponibile una, quasi del diametro della canna inferiore del palo telescopico, ho studiato un sistema a chiocciola che, saldata su una leva e che, agendo su e una delle estremità del collare a molla, l’allargasse.
Ovviamente ognuno potrà studiare il sistema di bloccaggio che preferisce.
Io l’ho realizzato in questo modo perché esso, oltre alle sue doti di leggerezza, mi permette di averne il comando a 40 cm. da terra, grazie ad un tubo di alluminio di diametro appena maggiore dell’ultima sezione del palo telescopico e che è reso solidale col terreno mediante un picchetto di alluminio.
Questa soluzione l‘ho studiata perché l’esperienza mi ha insegnato che i sistemi precedenti, basati su denti che entrano fra quelli di ingranaggi, troppe volte si confondono o si interrano nei prati di vetta, oltre che a limitare il posizionamento dell’antenna con intervalli dell’ordine delle decine di gradi, e questo a volte può penalizzare i segnali più bassi.
La leva, solidale con una chiocciola, allarga la fascetta che stringe il palo da svettatoio, rendendolo libero di ruotare.
L’attrito che invece effettua quando è serrata è più che sufficiente per impedirne la rotazione dovuta al vento.
La 7HJN che Gaetano ha realizzato offre, oltre a tutto, un lobo più che buono ed un guadagno di 11 dBd, ovvero 0,6 dB sulla 9 Tonnà, ottenuto grazie ad una migliore ottimizzazione, senza parlare dell’assenza di un qualsiasi sistema di adattamento di impedenza, perché non necessario.
Come si interpretano i dati di Yagi Optimyzer? Semplice: la posizione dell’elemento che leggete nell’immagine qua sopra è quella reale, partendo come riferimento dal riflettore mentre la lunghezza degli elementi che leggete va moltiplicata per due.
La chicca finale? Un peso complessivo di tutto il sistema di soli 2800 grammi, 1200 grammi in meno, cioè, del mio sistema precedente, una 9 elementi Tonnà.
Ora non mi resta che studiare come risparmiare un po’ di peso di batteria, ma temo che sarà una lotta molto dura.
Buoni collegamenti, soprattutto in montagna, a tutti!
73! Roberto IK0BDO.