Quanto vi sto per descrivere non è tanto il modulo di potenza UHF in se, nato per altri scopi, ma il suo adattamento per un utilizzo radioamatoriale.
Nel 1984 nacque il sistema radiomobile RTMI (Radio Telefono Mobile Integrato), funzionante a 450 MHz, sistema molto differente da quanto intendiamo oggi per Telefonia Mobile.
Gli apparati mobili erano installati essenzialmente sulle autovetture e le celle erano assai poche.
In breve tempo esse furono smantellate per essere sostituite da altre apparecchiature di nuova generazione e tutta la loro componentistica finì nel mercato del surplus.
Io ebbi la fortuna di avere in dono da un collega di un trasmettitore che io una quindicina di anni fa modificai per portarlo in banda 432 MHz, cosa che fu abbastanza semplice vista minima differenza di frequenza.
Si manifestò subito un problema che ne rese impossibile l’utilizzo in ricezione: l’impossibilità di installarvi al suo interno dei relè coassiali necessari sia per la commutazione dei segnali oltre che la funzionalità in by-pass a lineare spento determinò che in ricezione i segnali fossero estremamente attenuati. La cosa fece sì che io dovessi installarvi immediatamente un preamplificatore di antenna che ovviasse alla perdita di segnale introdotta dai relè inadatti a lavorare su tali frequenze.
Il sistema funzionò alla meno peggio finché anche il preamplificatore cedette.
In questi giorni mi sono dedicato al recupero di vecchie mie apparecchiature inutilizzate (il recupero dei miei gloriosi ICOM IC202 ne è un esempio) sicché mi sono dedicato a demolire quanto realizzai quindici anni fa cercando di adottare principi differenti, ed in particolare un “sequencer” che salvasse il MOSFET del preamplificatore quando il lineare eroga potenza.
Vi garantisco che alla mia età la cosa non è stata assolutamente semplice, sia per lo studio del circuito che poi per la sua realizzazione pratica.
Ho dovuto ancora una volta utilizzare relè commerciali che, sebbene di dimensione minima per ridurre per quanto possibile il disadattamento di impedenza, purtroppo sia per causa loro che per le perdite introdotte da diverse tratte di cavo RG174 utilizzato proprio per via delle sue dimensioni e flessibilità, ma non certo adatto per tali frequenze, l’attenuazione in condizione di “by-pass” non sono migliorate.
Un particolare tecnicamente molto interessante, anche se poi non applicato in pratica, è stato quello che interrompendo il collegamento fra i due relè di by-pass “12V” N/C fra i due N/C (in alto nello schema) l’attenuazione anziché crescere diminuiva nettamente. La spiegazione che mi sono dato è che la conformazione del contatto N/C del relè (una specie di “U”) fosse di fatto una induttanza e la prossimità dei due relè, praticamente uno accanto all’altro, rappresentasse la capacità di un circuito risonante serie.
Aggiungo inoltre che anche la potenza indicata dal ROSmetro con il circuito interrotto era nettamente maggiore rispetto ai due N/C collegati ohmicamente fra loro.
Particolare attenzione è stata posta nel circuito di transito della radiofrequenza attraverso i cinque relè coinvolti.
Breve descrizione del circuito.
I due contatti di relè identificati “12V” rappresentano, a riposo, il by-pass, cioè il passaggio diretto fra ingresso e uscita.
Appena si alimenta il lineare questi relè si eccitano e da questo punto inizia la logica di funzionamento.
Al primo accenno di radiofrequenza in ingresso, raddrizzata e inviata a polarizzare il transistor NPN (ne ho utilizzato uno di recupero da una vecchia scheda madre TV), come prima cosa i due relè “T0” staccano ingresso e uscita del preamplificatore salvaguardando così il MOSFET del preamplificatore.
La creazione dei tempi di ritardo necessari per il funzionamento del “sequencer” sono affidati alla costante di tempo R-C di due distinti circuiti e più precisamente al tempo di scarica del condensatore elettrolitico scaricato dal transistor NPN mandato in conduzione dalla radiofrequenza. Non appena esso raggiunge la tensione minima in modo che quella applicata alla bobina del relè raggiunge un valore sufficiente, esso scambia.
Dopo mezzo secondo i due relè “T1” abilitano i collegamenti ingresso e uscita del lineare ed infine dopo un altro mezzo secondo la linea Delay “T2” fa commutare il relè di alimentazione, togliendo l’alimentazione al preamplificatore e dando corrente al lineare.
Fin qui ho parlato della parte di potenza, che ho trovato praticamente pronta e non credo più disponibile nel mercato del surplus.
E’ il momento di parlare del preamplificatore di antenna, assolutamente indispensabile a causa delle attenuazioni introdotte dalla circuiteria descritta sin qui.
Esso utilizza un MOSFET a doppio gate che nella versione di quindici anni fa era un CF300 (bruciato dalla mancanza del “sequencer”) ed oggi sostituto da un BF988 che già avevo.
Non è stata richiesta nessuna modifica ai valori degli altri componenti discreti del circuito originale.
Tutto qui, spero di esservi stato utile. Roberto IK0BDO